Creatività, Innovazione, Leadership, Persone

La lezione di Amadeus. Il punto cieco dello sviluppo personale e la pratica intenzionale [lettura 2′]

La lezione di Amadeus. Il punto cieco dello sviluppo personale e la pratica intenzionale [lettura 2′]

Rino Panetti

Febbraio 13th, 2020

0 Comments

C’è un punto cieco (uno dei tanti) quando si parla di creatività e, più in generale, di migliorarsi per affermarsi: il talento. E’ innegabile che il talento abbia un ruolo importante nella crescita in una disciplina, spesso però finiamo per attribuirle un ruolo talmente centrale da utilizzarlo (magari involontariamente) come auto-giustificazione per non impegnarci a progredire oltre. “Michelangelo, Mozart… quelli sì che avevano talento! Come posso io pensare di…? Più di così non posso certo fare”.
In verità, il nostro obiettivo è davvero quello di diventare un Michelangelo o un Mozart? Ha senso un simile raffronto?
La risposta è (generalmente): No! Quotidianamente incontro persone che nei loro mestieri e professioni hanno toccato vette di eccellenza, senza essere i Pavarotti del loro campo. Sono sicuro che anche voi, se fate mente locale, potreste elencarne decine semplicemente scandagliando tra le vostre conoscenze e amicizie.
In questi giorni, il presentatore di Sanremo 2020, Amadeus, ne è l’ennesima conferma. Non possiamo dire che egli possieda un talento cristallino, che sia nato come un predestinato, baciato dalla fortuna il giorno che è venuto alla luce.
I risultati raggiunti da Amedeus sono il frutto di una pratica intenzionale magnificamente applicata negli anni. E’ la pratica intenzionale che permette di migliorarci continuamente. Invece, spesso cadiamo vittime della pratica costante, la quale finisce per lasciarci dove siamo e, prima o poi, servirci la comoda autogiustificazione del talento.
Nel mio libro di prossima uscita dedico un intero capitolo a questo importante tema per lo sviluppo individuale e di team, un capitolo con tredici lezioni: “le tredici carte del grande slam di quadri” (lo schema qui riprodotto è ripreso da tale testo).

Condivido con voi uno degli esempi che cito, quello di Steve Martin:

Un esempio in tal senso è l’attore comico Steve Martin. Egli riconosce di non avere un talento naturale, cosa che lo ha portato a curare minuziosamente i dettagli della sua preparazione, a sottoporsi a routine giornaliere di pratica, per anni. Al termine dei suoi primi spettacoli classificava ogni prestazione come “Eccellente”, “Grande risata” o “Sufficiente” e poi annotava come migliorarsi per il prossimo show. Dopo anni di pratica, a un certo punto Martin iniziò a compiere enormi passi in tempi sempre più brevi; in pochi anni diventò la star che tutti conosciamo. In quei lunghi anni di preparazione, i fallimenti gli avevano insegnato tantissimo, conosceva così bene il suo mestiere che sapeva ora esattamente come migliorarlo e come promuoverlo. Ecco il suo commento: “La perseveranza è un grande sostituto del talento.”

E’ una cosa che anche i prestigiatori sanno benissimo:
“Come hai iniziato a fare il mago?”
“Io non ho iniziato, io ho continuato!”

Rino Panetti

Comments are closed.