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La bolla della Qualità: come abbiamo potuto? Il vero Perché abbiamo tradito la Iso 9001 (al 90%)

La bolla della Qualità: come abbiamo potuto? Il vero Perché abbiamo tradito la Iso 9001 (al 90%)

Rino Panetti

Gennaio 13th, 2018

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[Una domanda preliminare agli esperti di Qualità: sapete cosa è il PDCA? Veramente? Ok, ne riparliamo alla fine di questo articolo. Procediamo però per ordine.]

C’era un libro del 2004, scritto da uno dei principali esponenti della Qualità in Italia – Tito Conti, che aveva un titolo quasi profetico: “Qualità: un’occasione perduta”.
Ebbene, a distanza di oramai 15 anni, ho la sensazione che il quadro dipinto in quel testo sia di gran lunga peggiorato. Di gran lunga.
La Qualità/Iso 9001 sta diventando forse uno degli esempi più lampanti di come insieme si possano produrre risultati che nessuno, singolarmente, desidera.
Per carità, diciamolo subito: c’è un 10% di aziende, di consulenti e di auditor che interpreta la qualità, e le Iso 9001 in particolare, in modo virtuoso (la stima forse è arrotondata per eccesso, ma resta uno zoccolo duro che preserva un buon approccio, non solo “tecnico” ma di “visuale”).
Eppure, chi è nel settore non può non vedere un decadimento della “qualità” di questo movimento che coinvolge migliaia di operatori, del quale non conosco le cifre del business complessivo ma che immagino siano di tutto rispetto.
Quale il Valore prodotto da questo movimento (mi riferisco a quel 90% in particolare), un Valore che andrebbe misurato non in termini di business generato per i consulenti, gli auditor, gli Enti di Certificazione, bensì in termini di Valore Aggiunto fornito alle Organizzazioni che intraprendono percorsi Iso 9001?

Due flashback

Prima istantanea:
Alla fine degli anni ’90 del secolo scorso mi candidai per fare l’auditor per conto di un Organismo di Certificazione. La cortese risposta che ricevetti fu “Se vuole fare il valutatore, per noi sarebbe preferibile che lei non svolgesse anche l’attività di consulente”.

Seconda istantanea:
Fine degli anni ’90. Come consulente junior partecipai allo sviluppo di un progetto Qualità (per certificazione Iso 9001:1994) di un’azienda manifatturiera di circa 120 dipendenti. Quel progetto aveva una durata di 18 mesi e ammontava a 50 milioni di lire italiane.

Il ritorno all’oggi

Chiunque operi nel settore può fare il confronto con l’oggi. Consideriamo ad esempio queste situazioni:

Mondo della consulenza (quel 90%):
Oggi le Organizzazioni riescono a certificarsi anche dopo solo due mesi di lavoro. E parliamo di uno schema di certificazione che ora prevede temi “profondi” di gestione di un’azienda: risk management, analisi di contesto, stakeholders, approccio per processi, miglioramento continuo, ecc. (temi che la norma Iso 9001:1994 non sviluppava in maniera esplicita).
Oggi tutto questo lavoro si vende a partire da soli 1000 (mille!) euro.
A queste obiezioni, una risposta che sento da molti consulenti è: “Il mercato oramai chiede questo”.
E’ la classica risposta di chi punta il dito lontano da sé: Il nemico è lì fuori.
In realtà quei mille euro (o duemila, la sostanza non cambia) sono la stima più rappresentativa della qualità del servizio percepita dal ricevente. Consulenti-gestori di una pratica.

Mondo degli Organismi di Certificazione (quel 90%):
Me lo chiedo da qualche anno, oramai: il valutatore è ancora un mestiere, una professionalità? (mi riferisco a quel 90%).
Oggi un valutatore può fare questo mestiere se non è anche consulente, così da poter dare qualcosa in cambio (clienti) agli Enti di Certificazione che lo fanno lavorare come auditor? (attenzione: non dimenticate mai  quel 10% virtuoso, sia di Enti che di auditor).
Tra i requisiti degli auditor, la Iso 19011 (Linea Guida per la conduzione degli Audit) non prevede che costoro siano consulenti, né che siano commerciali…eppure questi sono diventati spesso i due requisiti basilari per scegliere un valutatore. Il resto viene dopo…e poi che vuoi che sia…

Fin qui l’analisi di alcuni sintomi. Proviamo ora a scendere nelle cause.
Ne esistono in realtà diverse, ma una mi sento di condividere e porre alla luce. Vediamo.

La ragione di fondo. Non solo Qualità, anche “Sistema”

La Iso 9001 è una norma per lo sviluppo (e la certificazione) di Sistemi Qualità.
Ebbene, a me pare che i professionisti (sempre quel 90%) del settore dimentichino, nelle loro attività, la parola “Sistema”, focalizzandosi sulla parola “Qualità”.
Dopo l’uscita della Iso 9001:2015 abbiamo assistito alla corsa (da parte di auditor e consulenti…sempre quel 90%) alla formazione sulle tecniche necessarie: negli ultimi due anni è stato un’apoteosi di Swot, strumentini basilari per analisi di contesto e dei bisogni delle parti interessate, FMEA, PDCA, Lean e Six Sigma, ecc. ecc. Due giorni di corso, si apprende qualche logica di fondo…e si applica (o se ne chiede l’evidenza [sigh]) in ogni Organizzazione (con aggiustamenti minimali caso per caso). Gli strumenti della Qualità, appunto.
Ma si può organizzare un Sistema Qualità se non si padroneggiano le logiche e il pensiero sistemico?
Lo diciamo subito: le logiche e il pensiero sistemico richiedono periodi molto più lunghi di apprendimento e di applicazione (tanto che Peter Senge definisce il System Thinking una Disciplina, non una “tecnica”)…cosa che cozza con le esigenze di un mercato (quello della Iso 9001) oramai orientato alla pratica burocratica (sempre quel 90%).

Sistema, il grande assente! Il rischio delle “soluzioni che falliscono”

Se inserite la componente “Sistema” nei vostri approcci (e dovreste farlo, visto che la Iso 9001 parla di “Sistema Qualità”), allora il set di conoscenze necessario cambia profondamente. Dovete infatti conoscere come confrontarvi (e portare le aziende a farlo) con queste tematiche (attenzione: il vostro vero Valore fornito si fonda su quanto segue, non sugli strumentini citati al paragrafo precedente):

– Vedere il sistema nel suo complesso
– Puntare all’ottimizzazione del sistema nel suo complesso, non ad ottimi locali
– Saper distinguere i “Problemi Clock” dai “Problemi Cloud” e conoscere e saper utilizzare i differenti approcci necessari per affrontarli
– Cambiare prospettive per scorgere nuovi punti di leva sui quali intervenire
– Ricercare le interdipendenze tra le varie componenti
– Ricercare le relazioni circolari (e non lineari) che influenzano i risultati delle Organizzazioni.
– Il punto precedente impone la capacità di riconoscere tre fondamentali fattori di ogni Sistema: 1. i cicli di rafforzamento, 2. i cicli di riequilibrio, 3. l’effetto dei ritardi sui risultati.
– Utilizzare raffigurazioni circolari (come gli archetipi sistemici, ecc.) per rappresentare e condividere il Sistema e le le varie dinamiche di volta in volta affrontate (non limitarsi ai diagrammi di flusso, le connessioni lineari)
– Porre attenzione e dare voce al lungo periodo
– “Un sistema prima di peggiorare, migliora”: saper valutare gli effetti di una decisione o di una azione lontano nel tempo e nello spazio (ossia in altri “luoghi” dell’organizzazione)
– Considerare come i modelli mentali influenzano la creazione dei futuri delle Organizzazioni
– Contenere la tensione del paradosso e della polemica, senza cercare di risolverla velocemente
– Sapere come staccarsi dalle logiche “vinco-perdi” per spostarsi verso approcci che consentano soluzioni “vinco-vinci”
– Portare ciascuno a vedersi come parte del sistema, non esterno ad esso
– Ecc. ecc.

Per tutto questo esistono specifici approcci, metodologie, strumenti, che non hanno nulla in comune con le “tecniche” della Qualità citate al paragrafo precedente.
Capiamo perché il Valore della nostra proposta (quel 90% di consulenti) e il Valore della nostra attività di auditing (quel 90% di valutatori e di Enti) è apprezzata in modo così limitato? Pensiamo sia ancora colpa delle aziende o possiamo iniziare a puntare il dito verso di noi (professionisti della consulenza, auditor, enti di certificazione)? Cosa rappresentiamo e cosa vogliamo rappresentare per le Organizzazioni? Vogliamo dare vero Valore Aggiunto? Ok, e allora cosa dobbiamo iniziare a cambiare, in noi innanzitutto? Oppure preferiamo lasciarci guidare dagli obiettivi impliciti che finora ci hanno guidato (quel 90%) e che fanno sì che, ad esempio: 
gli Enti debbano qualificare velocemente come auditor consulenti (che in diversi casi hanno scarsa padronanza non solo “di Sistema”, ma anche di Qualità…) così che questi possano portar loro aziende-clienti; queste aziende verranno certificate in tempi rapidissimi per ovvi motivi; all’inizio (breve periodo) i risultati appaiono incoraggianti per Enti e consulenti… ma intanto: la percezione da parte di queste aziende del valore ricevuto sarà connesso solo alla pergamena ottenuta; queste aziende, se troveranno il modo di avere quella pergamena a un prezzo più basso, cambieranno ente; l’ente abbasserà i prezzi per difendersi; per abbassare i prezzi l’ente abbasserà ulteriormente gli standard dei propri professionisti (la scelta degli auditor è guidata da esigenze commerciali, pertanto vengono scartati a monte potenziali auditor capaci ma con scarso appeal commerciale); questi professionisti non sono solo auditor, ma anche consulenti, pertanto si abbasserà anche il livello medio della consulenza; di conseguenza la percezione del servizio ricevuto da parte delle Aziende sarà sempre peggiore…e il circolo vizioso nel quale siamo (sempre quel 90%) è servito!
Nel pensiero sistemico questo meccanismo ha un nome preciso: “Soluzioni che falliscono” (uno degli archetipi sistemici che descrivo nel mio ultimo libro).

Ora, pensate veramente che unire qualche modulo o qualche procedura (le “informazioni documentate”, le chiamano gli esperti della Iso) per semplificare e ottimizzare la coesistenza di più Sistemi (Qualità, Ambiente, Sicurezza,…) voglia dire “Fare Sistema”? Veramente pensate questo? Veramente pensate (sempre quel 90%) che questo si intenda per “interdipendenze” nel pensiero sistemico?
Temo ci troviamo dentro uno dei più grandi esempi di illusione della conoscenza.

Con i vostri clienti, a quale livello agite? Andare in fondo all’iceberg

Condivido con voi poche righe del mio ultimo libro; provate a chiedervi a quale livello agite, nelle vostre attività consulenziali (e anche in quelle di audit):

“Di fronte a una questione (non necessariamente un problema), …, possiamo intervenire su quattro distinti livelli.
Eccoli, dal più superficiale al più profondo:

1) PRIMO LIVELLO: Agire sui singoli eventi. Livello Reattivo

A questo livello si interviene con reazioni immediate, impostazioni mentali predefinite, facendo il downloading dei soliti schemi del passato per replicarli alla nuova situazione. Azione-reazione.
Il fatturato scende? Abbassiamo i prezzi dei prodotti… rimandando solo di poco il problema, che puntualmente tornerà a manifestarsi ulteriormente ingigantito. Ricordiamo uno dei motti cari a Senge: il sistema prima di peggiorare, migliora.

2) SECONDO LIVELLO: Tener conto dei trend e degli schemi di comportamento. Livello Adattivo
In questo caso si tiene conto anche dell’andamento del fenomeno e di alcune delle sue variabili-chiave nel tempo: ciò permette di comprendere meglio il fenomeno stesso, cosa invece impossibile limitando l’osservazione al singolo evento.
Ad esempio, ci sono ciclicità? Qual è stato l’andamento degli interventi in garanzia negli ultimi dodici mesi? Quale il rispetto dei tempi di consegna da parte di quel fornitore critico negli ultimi X mesi?
In tale ambito, il controllo statistico dei processi (SPC) può essere una utile risorsa.

3) TERZO LIVELLO: Considerare le relazioni sistemiche tra diverse variabili. Livello Creativo 1
Questo comporta il compiere un ulteriore balzo in avanti nella conoscenza. Se infatti ci poniamo il problema di quali siano i legami reciproci (sistemici) tra le diverse variabili in gioco, dobbiamo passare a esplorare gli effetti di un’azione, di una decisione, di un’opportunità, di un fenomeno, sotto una duplice visuale:
A] effetti lontano nello spazio: può accadere che il trend positivo di una variabile abbia un’influenza negativa su un’altra componente del sistema, distante dalla prima (l’aumento delle vendite di alcune tipologie di prodotti [aspetto in apparenza positivo] mette in difficoltà la produzione perché la costringe a frequenti cambi di attrezzaggio, ecc.);
B] effetti lontano nel tempo: effetti positivi nel breve possono tradursi in effetti di segno opposto nel medio-lungo periodo.
E’ la logica di “sistema”, che ci permette di vedere e comprendere il tutto!

4) QUARTO LIVELLO: Considerare i modelli mentali sottostanti i comportamenti. Livello Creativo 2
Questo è il livello più profondo. E’ agendo da qui che si avrà l’effetto-leva più efficace.
Quali sono i modelli mentali (i vincoli di convinzione) che determinano i comportamenti nella nostra organizzazione o in noi stessi? Quanto questi modelli mentali sono ancora validi o piuttosto non sono altro che un freno, un’inutile zavorra che determina valutazioni, decisioni e azioni inadeguate? Se riuscissimo a individuarli e rimuoverli, quali nuove visuali emergerebbero, quali benefici otterremmo, quali finestre di opportunità si spalancherebbero?

Due domande finali:

E allora, torniamo finalmente alla domanda iniziale: Cosa è il PDCA?
Tutti gli esperti di Qualità (volutamente a questo punto non ho scritto di “Sistemi Qualità”, se per “Sistemi” si intende ciò che si dovrebbe intendere) sanno cosa sia. E’ il ciclo denominato anche “Ciclo di Deming”.

Ma…qualcuno di questi esperti ha mai letto una sola pagina di un libro di Deming? Sa cosa Deming scriveva a proposito del PDCA? Sa che raccomandava di non chiamarlo “Ciclo di Deming” in quanto la paternità era di un altro Grande? (chi è costui? Beh…un piccolo sforzo di approfondimento in proprio bisogna iniziare a farlo, no? 🙂 ).

E di Deming conosce le metodologie per il System Thinking? Conosce i 14 punti della Conoscenza Profonda?
Sì, lo so: tutti elementi in apparenza distanti dagli strumentini “easy” per la Qualità (quelli così utili per documentare l’analisi di contesto, dei rischi, ecc. e farlo in appena due settimane)….ma forse lì si può annidare l’essenza del vero Valore da trasferire alle Organizzazioni.

Tra le metodologie che di recente sento citare anche dai professionisti della Qualità (sempre quel 90%) c’è ora anche il Lean Thinking (la produzione snella, il pensiero snello).
Ma cosa è, nel profondo, il lean thinking?
Tutti pensano sia un set di strumenti e tecniche, invece la sua essenza è in questo concetto:

  • Gli operai diventano tecnici
  • I tecnici diventano manager
  • I manager diventano psicologi.

E allora, ricordiamoci:
gli strumenti sono facili da adottare, i modi di pensare sono difficili da cambiare!

In bocca al lupo a tutti e…per chi non ha mai visto il volto di Deming, eccolo!

Rino Panetti

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