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RIVOLUZIONE GENTILE, RIVOLUZIONE NECESSARIA? La (non) lezione di una cittadina italiana per il cambiamento. Ricercare la U… [lettura in 5 min]
ANTEFATTO –Le mura, il downloading:
Nel cuore d’Italia. Meglio, nell’ombelico d’Italia (così i romani la chiamavano: Umbilicus Italie), c’è una piccola città, capoluogo di Provincia, piccolo concentrato di sorprendenti potenzialità: storia, natura, arte, spiritualità, gastronomia. Una città che sorprende i visitatori, quel tipo di sorpresa che ti coglie difronte a qualcosa di inaspettato. Una città che spiazza.
Spiazza i turisti, ma finisce spesso per spiazzare anche i suoi cittadini. Per ragioni naturalmente diverse.
La città è Rieti, una sorta di cuneo proteso tra Lazio, Umbria, Abruzzo e Marche. Una posizione che dovrebbe essere fonte di contaminazioni, intersezioni generative, multi-stimolazione.
In verità, ciò che finisce per prevalere sono le imponenti mura medievali: simbolo di chiusura, in molti sensi. Quelle mura, così fortemente “fisiche”, diventano anche bastioni, limiti della mente, limiti della capacità di vedere oltre, limiti nell’accogliere (anche persino ammettere) visuali diverse.
Quelle mura, continuano a perpetuare il downloading dei soliti
ABBATTERE LE MURA. Non lo si fa con l’iperattività isterica
Come abbattere le mura del downloading?
Il medioevo ci indica una possibilità: con la forza, assaltando il castello. Quale un possibile rischio, in questo caso? Quello di limitarsi semplicemente a sostituire le figure che praticheranno il downloading.
Ci sono altri possibili modi?
E’ quello che brevemente proverò a sviluppare nelle righe seguenti. Per farlo un riferimento sarà Otto Scharmer (MIT di Boston) e…il vescovo di quella cittadina, umbilicus Italie: Mons. Domenico Pompili.
In un suo accorato appello di inizio dicembre 2018 ha parlato a gran voce della necessità di una “rivoluzione gentile”, paragonabile a quella che Peter Senge (MIT di Boston) chiama “The necessary revolution”.
Interessante la reazione dei notabili della cittadina (amministratori di importanti Fondazioni, presidenti di più o meno improbabili e più o meno utili associazioni, politici più o meno improvvisati, persone “notevoli”) a quell’esortazione: una corsa immediata ad annunciare la piena accoglienza di questo invito, condita da affermazioni come: “Noi lo stiamo già facendo” “Siamo pronti a…” e via con i conseguenti proclami.
“Noi lo stiamo già facendo…”: il modo per non mettersi in discussione, per indirizzare il dito lontano da noi: il nemico è lì fuori, il problema è sempre fuori da noi. Nessun cambiamento è possibile in questo modo.
Risposte che sono l’ennesimo esempio di downloading: si continuano a “scaricare” le solite reazioni ufficiali, del resto questo si è tramandato in decenni di piccola amministrazione.
Siamo nel downloading, tanto poi il momento passerà…
Ciò che guida questi comportamenti è l’iperattività isterica: affrettarsi a dare risposte, di superficie. Si corre, subito, presi dal momento, per arenarsi dopo nei soliti pantani, quando si dovrà costruire.
L’iperattività isterica: forte-piano. Pronti nelle reazioni immediate (parole, intenti, interviste); lenti (praticamente fermi) nella realizzazione. Una metafora italiana.
Quello di cui si avrebbe bisogno è invece l’esatto opposto: piano-forte.
Scopriamo allora come fare, seguendo un percorso a forma di U.
PIANO-FORTE. Il punto cieco del cambiamento. Ciò che serve, ma che non si vede
Ciò di cui si avrebbe bisogno è, una volta tanto e innanzitutto: fermarsi, rallentare.
Ciò di cui si avrebbe bisogno è porsi finalmente nelle condizioni di rispondere a due fondamentali domande: Chi sono Io? Qual è il mio Ruolo? Sono domande valide anche per le varie “istituzioni”, così come per un’intera collettività o anche solo per noi stessi e le nostre vite.
Solo rispondendo in modo profondo a queste due domande ci si porrà nelle condizioni di generare vero cambiamento. Solo trovando le risposte a queste due domande, il passaggio all’azione sarà poi fattivo, efficace, duraturo, incisivo, di valore.
Piano-Forte, dunque (non forte-piano): rallentare, fermarsi, sospendere il giudizio, interrompere il downloading, per trovare il senso a quelle due domande. Solo dopo, agire in un istante. Piano-Forte.
Ma cosa fare in questa fase di “rallentamento”? Lo scopriremo tra un attimo!
Chi sono Io? Qual è il mio/nostro Ruolo? Questo il punto cieco di qualsiasi percorso di cambiamento.
Perché è così difficile fare questo?
I TRE NEMICI
Ci sono tre nemici che impediscono di uscire dal downloading, trovare la Risposta a quelle due domande e poi agire di conseguenza:
Nemico n. 1: la voce del giudizio.
Continuare a giudicare la realtà con la solita visuale, continuare a ripetersi i soliti dati, le solite frasi (“si è sempre fatto così”, “da noi non può funzionare”, “siamo piccoli”, “un vescovo non dovrebbe fare politica”, ecc.).
Nemico n. 2: la voce del cinismo.
Cosa pensi di fare? Chi ti credi di essere? Non ce la farai mai! Il cinismo, capace di soffocare (proprio come il giudizio), qualsiasi slancio.
Nemico n. 3: la voce della paura.
La paura di lasciar andare i soliti schemi e di lasciar venire il nuovo.
Questi sono i tre grandi nemici, capaci di bloccare ogni cambiamento, da quello individuale a quello di territori.
Dentro le “rassicuranti” mura della nostra zona di comfort, questi tre nemici prosperano divorando ogni slancio, soffocando ogni “E se…”, frustrando ogni tentativo diverso, logorando menti, cuori e volontà…
Questi tre nemici non si combattono con rivoluzioni cruente, bensì con “rivoluzioni gentili”, rivoluzioni che però hanno una forza dirompente. E’ la forza che occorre per infrangere le mura del downloading.
Ebbene sì, in verità c’è poco di “gentile” in quello che occorre…
Ma occorre cosa, quindi?
LE TRE APERTURE. Cosa fare quando si rallenta
Apertura n. 1: Aprire la mente
La voce del giudizio si supera avviando processi e approcci che finalmente ci consentono di vedere la realtà con occhi diversi: dobbiamo imparare a notare i dati anomali, quelli che sembrano contraddire le nostre convinzioni, quelli più fastidiosi; interrompere le dichiarazioni (che altro non sono che downloading) e porre invece “domande genuine” (ossia non domande volte a ribadire le nostre ragioni ma a comprendere profondamente); osservare con sospensione di giudizio cosa accade e cosa si dice al di fuori dei nostri ambienti usuali.
Quella cittadina umbilicus Italie è così ricca di salotti in cui si recita invece a comando, in cui le orchestrine suonano da sempre le stesse musiche, in cui si rinforzano le convinzioni ripetendosi all’infinito i soliti riti, le solite frasi, i soliti non pensieri, i soliti complimenti, i soliti ammiccamenti.
E quelle mura medievali si ritrovano anche in una piattaforma aperta come internet: sui social tutti si rilanciano gli slogan e le notizie che confermano le proprie convinzioni. Mente chiusa. Giudizio, giudizio, giudizio.
Apertura n. 2: Aprire il cuore
La voce del cinismo si supera con un ulteriore passaggio rispetto all’apertura della mente.
Se l’apertura della mente ci fa vedere la realtà con occhi diversi (un po’ come fa lo scienziato rispetto al fenomeno che studia. Non è un caso, ad esempio, che Darwin nelle sue ricerche poneva attenzione proprio a tutto ciò che sembrava contraddire la convinzione prevalente), la cosiddetta “apertura del cuore” ci porta a rivolgere il dito non verso gli altri ma verso noi stessi. Occorre diventare consapevoli di come proprio noi siamo parte del sistema e di come i nostri comportamenti ne determinino i risultati.
Il passaggio da compiere è dal “Cosa ci stanno facendo” al “Cosa ci stiamo facendo”. Insieme produciamo risultati che nessuno vorrebbe.
Se non avviene questo, sarà il cinismo a vincere, sarà lui a interrompere il nostro cammino (come individui, organizzazioni, collettività) verso il vero cambiamento.
E invece, in quella cittadina Umbilicus Italie tutti si affrettano a ribadire come loro siano già sulla buona strada; addirittura non è raro imbattersi in reatini che ripetono “il problema di Rieti sono i reatini”… dimenticando che loro stessi sono reatini!
Fin quando non si sviluppa questa consapevolezza, fin quando non si giunge al “Cosa CI stiamo facendo”, non si creano spazi per un’azione diversa, perché sono sempre gli altri che ci aspettiamo che debbano cambiare. Risultato: la stasi.
Apertura n. 3: Aprire la volontà
Quando siamo stati capaci di aprire la mente e aprire il cuore, ci siamo posti nelle migliori condizioni per individuare la visione futura che vogliamo realizzare. Aprire la mente e il cuore ci consente di connetterci con le nostre più alte sorgenti di consapevolezza.
Ogni processo di vero cambiamento, imperniato sul percorso descritto fin qui, giunge a questo punto di svolta, dove finalmente si intravede la nuova strada: Cosa siamo? Qual è il nostro Ruolo? Quale il futuro da portare in vita?
Solo che non si può partire da qui. Occorre arrivarci attraverso le due precedenti aperture… Questa è la ragione per cui questo “percorso” di cambiamento è così poco praticato: giudizio e cinismo il più delle volte hanno la meglio.
Invece, una volta individuata la luce di quel nuovo da portare in vita, ecco la terza necessità: aprire la volontà. La volontà di finalmente lasciar andare e lasciar venire: lasciar andare le vecchie pratiche/comportamenti/approcci/modelli mentali/abitudini e lasciar venire il nuovo.
Questa è un’altra grande sfida. Il nuovo è ancora pieno di incognite…ma ora sappiamo a cosa rinunciamo e cosa ci resta, se non siamo pronti a lasciar andare e a lasciar venire.
In quella cittadina, Umbilicus Italie, questo rischio non c’è…semplicemente perché ancora non si è compiuto alcun passo concreto per superare giudizio e cinismo. In cittadine così (ma anche nelle organizzazioni e nelle nostre vite) il rischio è l’illusione del cambiamento: cambiamo referenti, sostituiamo pratiche, invertiamo sensi di marcia, ci inventiamo improbabili festival della creatività, modifichiamo qualche disposizione, ringiovaniamo qualche slogan…solo per restare nel downloading, con le orchestrine che continuano a suonare, gli champagnini nei salotti… e le mura medievali della città a fare buona guardia su tutto questo.
AGIRE IN UN ISTANTE
Una volta trovata la risposta a quelle domande di fondo e individuato il nuovo da portare in vita, non occorre più temporeggiare: bisogna passare all’azione, prototipando le nuove soluzioni e imparando da queste per perfezionarle sempre meglio. E’ la risalita lungo la U, quella che ci porta a concretizzare la visione.
Ma qui troviamo altri quattro acerrimi nemici, questa volta nemici della realizzazione.
Eccoli (vi dicono qualcosa?):
1) Bla bla bla: continuare a parlare senza mai fare un passo concreto. L’ennesimo convegno, l’ennesima intervista.
2) Iperattività isterica: fare, fare, fare, senza mai riflettere su quanto fatto, su come lo si sta facendo, sul perché lo si sta facendo
3) Paralisi da analisi: replicare studi, analisi, all’infinito, senza mai provare a prototipare le idee. Fin quando non prototipiamo avremo sempre una conoscenza incompleta circa le potenzialità del nostro progetto o idea. “Fallisci presto per imparare prima” è la chiave
4) Dolce morire: continuare a interrogarsi sul “chi sono? Qual è il mio Ruolo?” senza mai andare oltre… una vita da santone, in perenne meditazione.
AVVERTENZA FINALE
Arrivato in fondo a queste riflessioni, mi rendo conto di una cosa: possono sembrare pensieri e affermazioni utili al più per un buon massaggio mentale…ma quanto praticabili?
Ebbene, solo due cose al riguardo:
La prima: se lo state pensando, forse siete all’interno di un meccanismo di downloading, esattamente in questo istante. Giudizio e cinismo stanno avendo il sopravvento. Invece, cosa occorrerebbe fare? Rileggete il paragrafo sui tre nemici, in particolare giudizio e cinismo: far caso a dati o informazioni fastidiose, che non ci tornano e, anziché giudicare, porre domande “genuine” per comprendere meglio. Quante volte lo fate nella vostra vita? Quante volte rispondete d’istinto (e magari in modo cinico) scaricando le solite convinzioni?
La seconda: ognuno dei passi descritti in questo articolo ha il supporto di un set imponente di metodologie, approcci, strategie, strumenti e tecniche per attuarli.
Mi dispiace, ma non ci sono scuse. Se si vuole uscire dal downloading il modo c’è e la risposta è in un percorso a forma di U.
Buon viaggio a tutti
Rino Panetti